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  Stampa questa scheda Data della recensione: 28 giugno 1990
 
di Idrissa Ouedraogo, con Rasmane Ouedraogo, Ina Cissé (Burkina Faso - Svizzera, 1990)
Come nel precedente YAABA, il cinema di Ouedraogo s'impone per la sua semplicità, la sua purezza d'ispirazione e d'espressione: un cinema che sembra ormai fuori dalla portata, per gli itinerari intellettuali che lo condizionano, del cinema dell'Occidente.

La legge in questione è quella ancestrale che invita alla poligamia ma non all'incesto. E la storia d'amore del protagonista, che fugge con la più giovane delle mogli del proprio genitore, non può sfuggire ai pregiudizi ancestrali che la fanno concludere in un'assurda tragedia. Ouedraogo non è Cissé: non si rifugia nella magia (altra arma nelle mani della fantasia africana) per raccontare la sua storia. Ma nella stilizzazione del racconto, nella scansione dello spazio, nella semplificazione dell'aneddoto e della progressione drammatica. Non da ultimo, nella grazia delicata dei comportamenti finimente osservati. E nell'humour implacabile: come in quella battuta memorabile nella quale gli inseguitori degli amanti nella savana interrogano un passante: "Scusate, non avete visto passare un nero molto alto?"

Questa trasgressione che il destino si premura di giustiziare poteva assurgere ai toni sublimi, ed accademici, della tragedia greca cara alla nostra civiltà. Se mantiene quelli della favola quotidiana, dell'intreccio da commedia dell'arte primitiva è perchà la scrittura di Ouedraogo la riconduce continuamente alla sua essenzialità stilistica. Come in YAABA, la rappresentazione non conduce alla contemplazione, al Mito o al simbolo: ma rimane costantemente aderente all'uomo ed al suo ambiente, quasi etnograficamente, alla maniera di Flaherty o di Murnau. Anche se nella vicenda la trasgressione fallisce, la rappresentazione, nel film, si afferma come il contrario della sottomissione. Ed i protagonisti, nel loro rifiuto come nella loro accettazione dei costumi secolari, affermano la loro partecipazione ad un mondo contemporaneo e moderno, che il tono anti-celebrativo della visione registica costantemente reclama.

L'Africa, ci dice Ouedraogo che aveva intitolato il suo primo film LA SCELTA, è ormai padrona del proprio destino. Affrancata dall'alibi della tradizione, nell'epoca in cui è ognuno è confrontato alle proprie scelte.


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